I dannati della terra

Pubblicato per la prima volta nel 1961, a pochi giorni dalla morte del suo autore, I dannati della Terra è diventato un classico, fonte di ispirazione e modello di riferimento ancora oggi attuale.

Nel libro prendeva corpo la straordinaria tensione tra l’urgenza di offrire una prospettiva politica alle lotte di liberazione del Terzo Mondo e l’approfondimento dell’analisi del sistema coloniale, di cui quest’opera rimane un eccezionale documento storico. Il libro getta le sue radici nell’esperienza drammatica della rivoluzione algerina, anche se la sua prospettiva ne trascende di gran lunga i confini. Di fronte agli straordinari problemi che la società europea oggi affronta, alle prese con nuovi cittadini immigrati dal Terzo Mondo e nel tentativo di realizzare una convivenza multiculturale, la lucidità dell’analisi di Fanon sulle derive del nazionalismo e sui paradossi del post-colonialismo rimangono di grande rilevanza.

L’istituzione negata

«Noi neghiamo dialetticamente il nostro mandato sociale che ci richiederebbe di considerare il malato come un non-uomo e, negandolo, neghiamo il malato come non-uomo. Noi neghiamo la disumanizzazione del malato come risultato ultimo della malattia, imputandone il livello di distruzione alle violenze dell asilo, dell’istituto, delle sue mortificazioni e imposizioni; che ci rimandano poi alla violenza, alla prevaricazione, alle mortificazioni su cui si fonda il nostro sistema sociale.» La grande lotta di Franco Basaglia comincia con un «no» totale, spalancando le porte su un’istituzione, una scienza e una società che mostrano il loro volto denudato nelle sue vergogne più nascoste.

Oltre Eboli. Tre saggi

«Ebbi così chiara coscienza che la mia fatica di studioso si inseriva nel vasto quadro di un movimento mondiale, che era anch’essa un momento di una vicenda di liberazione che stringeva assieme, su tutta la superficie della terra, nella complicazione e nella varietà delle situazioni locali, uomini diversissimi».
Ernesto de Martino

Nonostante sia considerato, a livello internazionale, uno dei maggiori innovatori dell’etnologia e della storia delle religioni, Ernesto de Martino appare oggi poco letto e studiato, quasi dimenticato dagli studiosi di antropologia, di post-colonialismo e di cultura popolare. Questi tre saggi rappresentano un invito alla riscoperta di uno degli intellettuali più originali che ha prodotto il nostro Novecento: da Intorno a una storia del mondo popolare subalterno, dove le riflessioni marxiste ci spingono “oltre Eboli”, passando per le epifanie e i canti popolari di Note lucane, fino a Il problema della fine del mondo, che indaga sul rapporto tra l’uomo, il mondo e il domani.

Maestri Ribelli. Pensatori e scrittori del conflitto

Vi sono “maestri” i quali insegnano il compromesso con la realtà e vi sono “maestri” i quali avviano i propri discepoli verso forme di ribellione le quali si esprimono soprattutto in stili di pensiero e di vita fuori da ogni schema convenzionale. Essi attraggono con passione e coinvolgono con forza nelle loro esperienze estreme molti giovani studiosi. Il fatto principale è che in loro il pensare non ha nulla di fiacco, al contrario è vissuto e praticato sotto il segno di una convinta intensità spirituale; non vi è alcunché nella filosofia di questi intellettuali che faccia pensare alla stanca celebrazione e conservazione del passato oppure a una adesione acritica al presente. Il forte sentire di cui sono portatori ha quale presupposto principale la riconsiderazione del pensiero quale esercizio flagrante, per tale motivo si possono definire “maestri ribelli”. Sono raccolti nel volume saggi su: Pierre Klossowski, Emil Cioran, Michel Foucault, Mario Perniola, Beau Brummell, Giacomo Leopardi, Pitagora, Thomas Bernhard, Nick Land. Contributi di Sergio Benvenuto, Enea Bianchi, Gioele P. Cima, Antonella Del Gatto, Vincenzo Di Marco, Ugo di Toro, Aldo Marroni, Giuseppe Patella, Giuseppe Zuccarino.

Scritti politici e autobiografici

Questa raccolta di scritti, politici ma certamente anche autobiografici, senza necessariamente fare una distinzione, è stata editata la prima volta dalla Casa editrice Polis di Napoli nel 1944. Era un momento assai delicato nella storia dell’Italia moderna postfascista.

Era il momento in cui era necessario far conoscere il vero aspetto della repressione fascista e fornire una testimonianza diretta della voce, una delle più alte, dell’antifascismo attraverso il racconto delle persecuzioni e dei processi.

La selezione di questi scritti piuttosto che altri, magari di più specifica analisi politica ed economica, non fu certamente fatta da Gaetano Salvemini che firma la prefazione (1). Si trattava invece certamente di una scelta editoriale perché si riteneva urgente legittimare e dare voce ad una diversa idea di “socialismo”, quale emerge appunto dagli scritti di Rosselli, consolidato da un antifascismo che si è fatto staffetta tra le generazioni ed in questo abbia trovato nuova linfa.

Scritti politici, si è detto, ma certamente anche autobiografici. In realtà in questi scritti è praticamente impossibile scindere ciò che è analisi politica da ciò che è vita dell’autore, tra i fondatori del movimento “Giustizia e Libertà”. Le pagine fremono di passione giovanile, di tensione ideale, di sete di giustizia.

A questo indirizzo potete scaricare gratuitamente il testo:
https://www.liberliber.it/online/scritti-politici-e-autobiografici-di-carlo-rosselli/?fbclid=IwAR0Uxx36KKNFFg2crVPZK0cxgnWqst0nybNx00zl1-jQBY5PZw4YRurzv38

I diritti dei lettori

«La libertà di informazione è, bene o male, garantita da costituzioni e da leggi. I media che avvolgono il globo con le loro reti si dichiarano liberi, ma sono ovunque in catene. I vincoli, beninteso, sono sempre più virtuali, invisibili, legano le menti e le indirizzano. Quando ci decideremo a fondare giornali strutturalmente liberi? Quando i lettori saranno riconosciuti soggetti di diritti da tutelare?»

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Di nessuna chiesa – La libertà del laico

“Uno spettro si aggira per l’Europa: il relativismo, cioè il dogma che non c’è nessun dogma. Chierici e laici hanno stretto una santa alleanza in nome dei nostri valori e delle nostre radici. Forse non sanno che dietro quel fantasma ci sono il corpo dell’individuo, la libertà della ricerca, le garanzie dei diritti e la stessa genuinità della fede. Tutto cancellato, se vince il progetto dei teo-con? Affatto, se il laico ha non solo la volontà di reagire ma anche la forza di attaccare. Non questa o quella chiesa, ma la “presunzione di infallibilità” che può viziare qualsiasi istituzione o comunità. Essere laico vuol dire non solo esercitare l’arte del sospetto ma anche agire per una solidarietà che non ha bisogno di un fondamento religioso.”

«Stato e Chiesa»: Ernesto Rossi contro il clericalismo. Una battaglia per la democrazia

Presentazione di Alessandro Figà Talamanca
Sullo sfondo del miracolo economico, l’Italia vive un periodo importante di confronto politico sull’impronta da dare al nuovo Stato democratico. Ernesto Rossi si colloca in questo quadro per la sua attività in favore di uno Stato laico e liberale, seguendo la via tracciata dal suo maestro Gaetano Salvemini. Rossi si contraddistingue per le pubblicazioni anticlericali da lui redatte e curate per l’editore Parenti di Firenze, gli articoli su «Il Mondo» di Mario Pannunzio e «L’Astrolabio» di Ferruccio Parri, i convegni organizzati con gli Amici del Mondo e il Movimento Gaetano Salvemini, passando attraverso l’esperienza della fondazione del Partito radicale, la proclamazione del 1967 come“anno anticlericale” e gli inizi della campagna a favore del divorzio. L’esame delle carte inedite di Ernesto Rossi, di proprietà della Fondazione Rossi-Salvemini, restituisce il quadro più privato della battaglia anticlericale di Rossi in favore di uno Stato laico e liberale, che si presenta come la logica prosecuzione del suo antifascismo e corre parallela alla lotta al protezionismo e ai monopoli, in una parola alla lotta al nuovo sanfedismo.

L’ aria della libertà. L’Italia di Piero Calamandrei

«Io ricordo che negli anni pesanti e grigi nei quali si sentiva avvicinarsi la catastrofe, facevo parte di un gruppo di amici che, non potendo sopportare l’afa morale delle città piene di falso tripudio e di funebri adunate coatte, fuggivamo ogni domenica a respirare su per i monti l’aria della libertà…». Le istantanee scattate dalla Rolleiflex di Piero Calamandrei raccontano l’atmosfera – allegra e malinconica – di queste brevi fughe per pievi e abbazie, siti archeologici e luoghi d’elezione di artisti e poeti, destinazioni scelte col desiderio di ritrovare quella «tradizione di civiltà» di cui s’era «smarrito il senso». Alla ricerca del «vero volto della patria», insieme a Calamandrei, alcuni dei più importanti intellettuali antifascisti che, all’indomani della fine della guerra, furono tra i protagonisti della rinascita morale e civile del paese.

La macchina del vento

Isola di Ventotene, colonia di confino degli antifascisti, 1939. Erminio è un giovane socialista, ex studente di Lettere a Bologna. Voleva fare la tesi sui mari d’Italia nei miti greci e adesso, ironia della sorte, è segregato su uno scoglio nel Tirreno, di fronte alla dimora della maga Circe, dove rischia di impazzire. Per non cedere, Erminio guarda all’esempio di un compagno piú anziano, un uomo carismatico e tenace, da dieci anni prigioniero del regime. Si chiama Sandro Pertini. Una mattina d’autunno, dal piroscafo Regina Elena sbarca in catene Giacomo, un nuovo confinato. È un fisico romano e ha un segreto. Anzi, piú di uno. Mentre l’Italia entra in guerra e la guerra travolge l’Italia, le stranezze di Giacomo e i misteri sul suo conto influenzano Erminio, innescando una reazione a catena e trasformando l’isola in un crocevia di epoche e mondi. Perché a Ventotene ci sono anarchici, utopisti, futuri partigiani, costituenti, pionieri dell’Europa unita… Ma c’è chi sogna ancor piú in grande di loro.