I dannati della terra

Pubblicato per la prima volta nel 1961, a pochi giorni dalla morte del suo autore, I dannati della Terra è diventato un classico, fonte di ispirazione e modello di riferimento ancora oggi attuale.

Nel libro prendeva corpo la straordinaria tensione tra l’urgenza di offrire una prospettiva politica alle lotte di liberazione del Terzo Mondo e l’approfondimento dell’analisi del sistema coloniale, di cui quest’opera rimane un eccezionale documento storico. Il libro getta le sue radici nell’esperienza drammatica della rivoluzione algerina, anche se la sua prospettiva ne trascende di gran lunga i confini. Di fronte agli straordinari problemi che la società europea oggi affronta, alle prese con nuovi cittadini immigrati dal Terzo Mondo e nel tentativo di realizzare una convivenza multiculturale, la lucidità dell’analisi di Fanon sulle derive del nazionalismo e sui paradossi del post-colonialismo rimangono di grande rilevanza.

Psicologia di massa del fascismo

Psicologia di massa del fascismo è una veduta d’insieme fatta dallo psicoterapeuta, iniziatore della psicosomatica, sulla condizione interiore che caratterizzava il conformismo del cittadino tedesco prima dell’avvento del nazismo. Analisi corporea e caratteriale del cittadino perfettamente ossequioso verso il potere, quelli che poi la commissione che gli americani istituirono per processare i criminali di guerra nazisti, definirono, tramite i loro questionari, i “Gregari”. Un libro che fornì materiale prezioso ai più noti Marcuse e Fromm. Descrizioni che lette ancora adesso, danno da pensare sul presente.

La Rivoluzione Liberale

Il saggio venne pubblicato nel 1924, quando Piero Gobetti aveva solo 23 anni, in 1000 esemplari e divenne subito introvabile, in quanto il regime richiese la distruzione di parte dell’edizione presso i magazzini della casa editrice. Durante il secondo conflitto mondiale, il Partito d’Azione tentò di recuperarlo e distribuirlo clandestinamente, ma il tentativo fallì per l’impossibilità di rinvenire tutto il materiale editoriale. Solo nel 1948, con la prima ristampa curata dalla case editrice Einaudi, il libro poté essere letto e diventare una pietra miliare della cultura italiana del dopo-guerra.

L’idea originaria è quella di una raccolta di articoli, poi Gobetti giungerà, su sollecitazione di Rodolfo Mondolfo, all’elaborazione di un progetto unitario, «un libro di teoria liberale, pensato e scritto secondo un piano organico», come scrive lo stesso Gobetti nella Nota conclusiva alla prima edizione.

Attraverso l’analisi critica della lotta politica in Italia, cogliendo la grande novità della forza popolare del movimento socialista e comunista, e partendo dall’idea del processo risorgimentale ancora da realizzare compiutamente, Gobetti sviluppa la teoria sulla formazione di una «classe politica che abbia chiara la coscienza delle sue tradizioni storiche e delle esigenze sociali nascenti dalla partecipazione del popolo alla vita dello Stato». Egli è convinto che non può formarsi Stato moderno senza il contributo delle masse operaie e contadine che si stanno affacciando sul proscenio della storia, ma queste vanno fatte incontrare con le energie migliori della società liberale, gli imprenditori “illuminati”, i risparmiatori. Questa è la Rivoluzione liberale, concetto, in verità, non molto diverso da quello di “blocco storico” elaborato da Antonio Gramsci.

E poi c’è l’analisi del fascismo che rappresenta il primo – peraltro in “presa diretta” – e serio tentativo di comprensione del fenomeno sociale e storico. Il paragrafo, L’elogio della ghigliottina, infatti, in maniera lucida e con una incredibile profondità di analisi, coglie prima di tutti il carattere istintuale e metafisico, più che ideologico, del fascismo, traducendolo così come “autobiografia della nazione”, e principalmente come rivoluzione del ceto medio.

Il pensiero di Gobetti ancora oggi offre campo per dispute storico-politiche a dimostrazione, d’altro canto, della sua attualità storica. Grande merito, comunque, va riconosciuto a coloro che cercarono di rinnovarne memoria ed insegnamento: il movimento di Giustizia e Libertà sul piano politico, l’opera di Carlo Rosselli e del filosofo Norberto Bobbio, sul piano della riflessione filosofica.

Socialismo liberale

Socialismo liberale – Carlo Rosselli

Il libro apparve per la prima volta a Parigi nel 1930 e, in realtà, pone una questione ancora oggi aperta, finito il Novecento, nel dibattito politico, non solo nazionale: come conciliare, in un contesto economicamente efficiente, libertà individuale e giustizia sociale.

Il punto centrale della risposta offerta dal Socialismo liberale di Rosselli è Marx ed il superamento del suo pensiero. Il saggio, infatti, parte proprio da una sintesi del pensiero marxista e dei diversi revisionismi – considerati altrettanto inadeguati – cui vengono dedicati i primi quattro capitoli. Il quinto capitolo è quello nodale che ha per titolo, infatti, Il superamento del marxismo. Come lo stesso autore precisa, non si tratta di ritornare a concezioni ingenue del socialismo, ma di dare a Marx il giusto ruolo nell’ambito del pensiero politico, quello che, ad esempio, Kant occupa nel pensiero filosofico. Quanto al superamento, la chiave di volta sta nel riaffermare la supremazia dei fini su quella dei mezzi. «Lo storicismo e l’utopismo di Marx gli fanno teorizzare il mezzo – la socializzazione – e dispregiare il fine – l’umanità. (…) Il socialismo, più che uno stato esteriore da realizzare, è, per il singolo, un programma di vita da realizzare».

Nel sesto capitolo arriva la proposta del socialismo liberale: «Ormai la tendenza è (…) in favore di forme di conduzione per quanto possibile autonome, sciolte, correlative ai vari tipi di imprese, che ne rispettino le tanto varie esigenze: forme municipali, cooperative, sindacali, forme miste, con innesto dell’interesse generale sul particolare, forme individuali e familiari, a seconda delle tradizioni, della tecnica, dell’ambiente, ecc. Dello stato industriale, agricoltore, commerciante, tutti hanno uno scarso concetto (…)».

Il modello di socialismo che propone nel capitolo VIII prende a modello il laburismo inglese, perché antimarxista, antiideologico, federativo, come pensiero; l’esperienza del self-government americano, come azione.

Un capitolo a parte è quello dedicato alla Lotta per la libertà nel quale Rosselli si fa carico di rinnovare la memoria e l’insegnamento laico di Gobetti. In particolare, ne riprende la profonda analisi del fascismo e ne rinnova la grande intuizione che il problema principale in Italia è quello della libertà e che per la prima volta nella nostra storia questo nodo – la rivendicazione dei diritti fondamentali dell’individuo e del principio dell’autogoverno – si è posto e si pone ancora come problema di un intero popolo e non solo di una ristretta setta di iniziati.

La modernità del pensiero di Rosselli e di tutto il filone del socialismo liberale sta nella sua “liquidità” rispetto ad una società che si coglie già estremamente complessa e stratificata, «in un mondo in continua vertiginosa trasformazione». Un pensiero politico così attuale, senza alcuna affermazione di stile, da aver lasciato tracce feconde nelle riflessioni di John Rawls e in tempi ancora più recenti di Amartya Sen, nel più ampio dibattito sulla Democrazia del futuro, tutta da riscrivere, tanto nei contenuti, quanto nelle formule.